lunedì 29 aprile 2013

UOMINI ABBANDONATI... riflessioni sul caso di Luigi Preiti


Luigi Preiti, 49 anni, operaio edile disoccupato da due anni, con una separazione alle spalle e in crisi economica non era pazzo.
Inizialmente si è detto che era uno squilibrato in cura da anni nelle strutture piemontesi, poi la famiglia ha smentito.
Non era pazzo ma il suo gesto certamente è stato folle.
Essere pazzi non significa nulla, lo dico per esperienza, lavorando da anni tra giovani e non più giovani che soffrono.
La salute e la malattia non sono un fatto di statistica sono qualcosa che riguarda la nostra esistenza, il nostro ambiente, il nostro essere.
Quando tutto intorno a noi diventa incomprensibile e inconcepibile e non si riesce più a fare nulla per riempire di senso la vita e l’angoscia diventa un macigno, allora si scatena la pazzia.
Il gesto isolato di Luigi Preiti dovrebbe farci riflettere su quello che sta accadendo nel nostro paese in senso molto più ampio delle solite vuote retoriche da salotto.
Ieri qualche imbecille sulla pagina facebook che gestisco da molti anni sosteneva che l’uomo fosse un “eroe” che aveva solo sbagliato mira, lì per lì mi sono indignato, a terra non c’erano “agenti di polizia” (o carabinieri), a terra c’erano uomini e donne, con una storia, una vita, delle speranze.
Chi spersonalizza le vittime di un fatto del genere catalogandoli secondo professione: due agenti, è solo un superficiale a cui non bisogna nemmeno dare risposta, bisogna ricordare però, che quando si smette di pensare alle persone come uomini e si comincia a pensare a loro come obiettivi, come bersagli o come esempi, si cade in una china davvero pericolosa e questo paese non ha bisogno di altri anni di piombo, visto che il piombo pesa già a sufficienza dentro ciascuno di noi.
Dire che Luigi Preiti non era un folle, tuttavia, è una cosa davvero priva di senso.
Chiunque decida di fare un gesto del genere è una persona che ha perso l’ancoraggio con la realtà, che ha perso la rotta e che non ha trovato nessuno che lo abbia voluto aiutare a ritrovarla.
Spesso mi è capitato di incontrare uomini e donne subito dopo un gesto estremo rivolto verso se stessi o verso qualcun altro e sempre ho trovato familiari e amici che sostenevano che i loro cari non fossero pazzi, che sostenevano che fino al giorno prima la donna che aveva tentato di uccidere il proprio figlio o la ragazza che aveva tentato il suicidio o l’uomo che aveva dato in escandescenza e aveva distrutto il proprio ufficio avventandosi sul socio in affari senza motivo fossero state persone “assolutamente normali”.
Non è vero, queste persone erano già malate, vivendo in un contesto che ha semplicemente negato fino i fondo la loro malattia, che non ha voluto vedere, che non ha saputo essere all’altezza delle richieste, magari celate, del malato.
Leggo dalle pagine dei quotidiani che i familiari del signor Preiti dicono che era sempre stato un uomo normale, nonostante avesse perso il lavoro, si fosse separato e fosse stato costretto a tornare in Calabria a vivere con gli anziani genitori.
Erano due anni che andava avanti così, e tuttavia Preiti era una persona normale.
Qualche mese fa ho incontrato un vecchio conoscente che aveva perso il lavoro, mi ha parlato per quasi mezz’ora di tutti i suoi progetti, del fatto che finalmente aveva tempo di andare in montagna, del fatto che aveva imparato a fare economia e che il lavoro della moglie bastava.
Dopo mezz’ora gli ho chiesto: “E la notte come dormi?”, la sua risposta un po’ me l’aspettavo: “La notte è il momento peggiore, di giorno posso dire che va bene, posso trovare delle cose su cui concentrarmi, ma la notte l’ansia non mi fa respirare e mi devo alzare dal letto, vado in cucina bevo anche cinque bicchieri d’acqua, poi mi passa un po’ e posso tornare a dormire”
Ho consigliato a questo conoscente di andare da uno psicologo e di farlo in fretta prima che tutto il giorno diventi una notte di ansia e di angosce ma mi ha risposto che non aveva abbastanza soldi per farlo e che se fosse andato da uno psicologo la moglie si sarebbe preoccupata ancora di più e non voleva darle pena.
Non l’ho più rivisto e spero che legga questo articolo.
Per piacere, quando parlate di drammi come quelli del signor Preiti, a cui mi sento vicino tanto quanto mi sento vicino ai feriti e alle loro famiglie, non utilizzate le stupide categorie della politica, non utilizzate le cretinate che vi inventate pensando a quello che fareste voi davanti al parlamento mentre vi trastullate davanti allo schermo del vostro PC.
Per piacere, quando parlate di drammi come quelli del signor Preiti, sforzatevi di parlare di persone che hanno perso tutto e che non sanno più nemmeno dare peso alla propria vita, che arrivano al punto di arrivare in una piazza urlando “sparatemi, sparatemi” cioè mettete fine alla mia angoscia prima che sia io a costringervi a farlo.
E un’ultima parola a tutti quelli che dicono che il signor Preiti ha fatto bene.
Non pensiate di essere “sani”, anche voi siete malati.
Se pensate che attraverso la cieca violenza si possa risolvere il dramma in cui versa questo Paese, siete dei malati; se pensate di essere in guerra contro una casta e che ogni gesto sia giustificato siete dei malati, se vi autoassolvete nelle vostre masturbazioni mentali pensandovi con un’arma in pugno mentre giustiziate il politico di turno siete dei malati.
Gramsci scriveva: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.
Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza.
Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.
La cieca violenza non è contemplata, non è un atto rivoluzionario, perché il vero rivoluzionario deve avere a cuore la vita al punto di rischiare la propria per quella degli altri non viceversa.
Se invece siete di quelli che pensano di semplificare la vita osannando come un eroe un uomo come il signor Preiti, che aveva bisogno di aiuto prima e non di lodi dopo, vi prego, andate a nascondervi e non tornate fintantoché non abbiate reimparato ad essere umani.


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